PESSOA ESOTERICO
Oroscopo di parole per eteronomi con tasso poetico accertato superiore a 0,5.
Di Fernando Pessoa
con Giulio Valentini
Musica dal vivo di Ashti Abdo
“Roma, Università “La Sapienza”, 23 novembre di tanto tempo fa, qualche ora prima del colpo a salve del mezzodì tanto caro al Pontefice Pio.
Mi siedo. L’aula è fredda come una yurta nel cuore della notte siberiana. Davanti a me Silvano Peloso, professore emerito di Letteratura Portoghese ha lo sguardo tronfio di chi è in vena di presentazioni importanti. Si scosta, una macchia di fumo intorno a degli esili occhiali di corteccia nera che esitano un istante, un istante, un istante… che dura diversi giri di pupille e poi quando meno te lo aspetti eccolo lì, con il sorriso geometrico, fare un passo avanti: buongiorno Fernando Pessoa!” Nasce nel 1888 a Lisbona al quarto piano di un edificio davanti al Teatro Nacional de São Carlos alle 15:20 del 13 giugno e muore per problemi epatici all’età di 47 anni nella stessa città dov’era nato. In mezzo la magia di una vita. Čechov diceva che nei certificati di nascita è scritto dove e quando un uomo viene al mondo, ma non vi è specificato il motivo e lo scopo. Lo scopo di Pessoa è scritto nel suo segno zodiacale: gemelli. Chi se non un gemelli poteva inventare gli eteronimi? Scaglie di personalità che si staccano dal fusto e d’un tratto cominciano a camminare sulle proprie gambe. “La mia anima è una misteriosa orchestra: non so quali strumenti suoni e strida dentro di me: corde e arpe, timpani e tamburi. Mi conosco come una sinfonia”, scrive Pessoa. Una sinfonia, la poesia di Pessoa, poggiata sul comodino di una vita anonima; una sinfonia la poesia di Pessoa, tutta proiettata a far risuonare i mille angoli di un mondo interno, voci al di sopra del tempo e dello spazio, le tante dita di una mano che tocca il mondo. Le ultime parole che Pessoa disse prima di morire furono: “De-me os meus óculos!”, “datemi i miei occhiali”. Essendo molto miope, aveva paura di non riconoscere Dio tra i suoi eteronimi.
Chi è Giulio Valentini?
Giulio Valentini è una pianta erbacea, unica nel suo genere (fortunatamente) venuta su per caso nei pressi di qualche tomba etrusca, non tanto distante da Roma, il 13 luglio del 1972 o giù di lì. Presenta una radice avventizia, una laurea in Lettere con il massimo dei nodi alla Sapienza di Roma, un master in Copywriting al Politecnico di Milano, un fusto ciondolante, con biforcazioni ramose-bracciose-gambose e altezza che può raggiungere anche i due metri (al momento 1,84). Con la casa editrice Il Filo, nel 2005, ha pubblicato il raccolto di racconti “Supplizi, Supplì e Metempsicosi” prima di bruciarene ogni suo seme. Come piantaturgo, regista in erba e vegetattore, ha realizzato spettacoli presenti nei circuiti di teatro di ricerca italiani e internazionali, tra gli altri: “Come La Pioggia Cade Ridendo” (Premio RomaNatura 2010), “Confessioni di un Uomo Ponte Professionista” (Finalista Festival CortoTeatro di Ancona 2011), “Ella – Lugar que Lleve Dentro”, spettacolo in lingua spagnola e portoghese che ha debuttato al Teatro La Vilella di Barcellona nel giugno 2014 e ha avuto poi diverse repliche in Brasile, “Pensavo Fosse Amore Invece Avevi il Gatto” messo in scena anche in Portogallo e “Come Giulio Cesare”. Ha contribuito a semina e coltivazione del Festival letterario “Janus Liber” e di quello musicale “Handpan Festival”. Dal 2015 ha realizzato short movies tra cui “Besame Mucho – Against the abandonment of animals” e “Daniel Zamudio” contro la discriminazione e l’omofobia che si è avvalso del patrocinio della omonima Fondazione cilena. Nel 2016 ha realizzato con la collaborazione dell’ANPI di Ortica (Milano) un percorso di teatro e scrittura creativa sul periodo della Resistenza. Nello 2017 ha ideato il progetto video: “Il Retrocesso”. Prova gusto a farla fuori dal vaso sempre in cerca di nuove aiuole creative. Ogni tanto pensa che, prima o poi, la pianterà.
Ashti Abdo, cantante, autore e polistrumentista curdo, è originario di Afrin, vicino ad Aleppo, in Siria. La musica fa parte della sua vita da sempre: da bambino lo appassionano i suoni della natura dei dintorni di Afrin e, dalle colline affacciate sul suo villaggio, ascolta affascinato le storie degli anziani che cantano la sua terra. Inizia giovanissimo a cantare per fare addormentare la sorellina e a suonare lo strumento tipico curdo, il tembûr (saz). Entra a far parte dei Domo Emigrantes nel 2012 arricchendo la formazione di colori e atmosfere tipici della tradizione mediorientale e svolgendo con questo gruppo un’intensa attività concertistica sia in Italia che all’estero.
26 gennaio ore 18:00,
Libreria Esoterica GruppoAnima Milano
Galleria Unione 1, 20122 Milano